Ecco cosa troverai esplorando questa pagina
Gruppo di lavoro
• Federico Casagrande, UniTrento, DICAM/DiPSCo
• Gaia Eccli, UniTrento, DICAM/DiPSCo
• Giovanna A. Massari, UniTrento, DICAM
• Lucia Rodler, UniTrento, DiPSCo
• Cristiana Volpi, UniTrento, DICAM
Hanno collaborato e si ringraziano
• La famiglia Andreolli: Rita Matano e Francesco Andreolli
• Mario Botta, architetto
• Gianluca Cepollaro, vicedirettore TSM – Trentino School of Management
• Camilla Gazzini, architetta ex collaboratrice
• Mauro Gilmozzi, ex assessore PAT con delega all’Urbanistica e Ambiente
• Giuseppe Graziola, ex assessore ai Lavori Pubblici, Comune di Rovereto
• Raffaele Mauro, professore ordinario UniTrento
• Francesco Misdaris, ingegnere ex collaboratore
• Annibale Salsa, antropologo
• Giorgio Tecilla, architetto ex dirigente UMSE Urbanistica PAT – Osservatorio del Paesaggio
«Giulio aveva i piedi radicati in Trentino, ma la testa sempre a guardare oltre» – G. Cepollaro
Giulio Andreolli era così: un professionista capace di tenere insieme il legame profondo con la sua terra e un’apertura verso orizzonti più ampi. Ingegnere di formazione, architetto e paesaggista per vocazione, Andreolli viveva il suo lavoro come un servizio alla comunità, animato da un rigore che non concedeva scorciatoie. Con uno sguardo paziente, era attento al dettaglio ma anche alla visione d'insieme, convinto che ogni progetto dovesse integrarsi al contesto ed avere un valore sociale, oltre che architettonico.
Chi lo ha conosciuto ricorda il suo "sguardo lungo" e una ricerca quasi ossessiva della bellezza, che per lui non era pura estetica, ma espressione di qualità e armonia con l'ambiente. Profondamente rispettoso del paesaggio, vedeva il territorio come un bene comune, una "sedimentazione di segni" che meritava attenzione e cura. Nel suo impegno, dalle opere architettoniche al lavoro all'interno dell'Osservatorio del Paesaggio, emerge una figura paziente e determinata, capace di ascoltare e coinvolgere, di creare bellezza con misura e responsabilità.
Giulio Andreolli era una figura poliedrica:
• ingegnere e architetto | capace di realizzare opere dal grande valore architettonico e ingegneristico
• paesaggista | a partire da un'attenta analisi del contesto con il quale veniva stabilita una relazione armonica
• figura pubblica | in grado di promuovere l'impegno comune e la responsabilità civica collettiva nei confronti del territorio
Il lavoro di questa ricerca è stato accompagnato dalla realizzazione del documentario «Piacere, Giulio. Sul Trentino, il paesaggio, la cura». Il film racconta il viaggio del regista – giovane ingegnere edile-architetto – alla scoperta della figura di Giulio Andreolli. Attraverso le parole dei collaboratori, amici e familiari dell'ingegnere roveretano, il regista ricostruisce il ritratto della persona e del professionista, raccontandone i progetti, le visioni e impegno civile speso per la cura del territorio e della comunità.
In breve
Giulio Andreolli è stato una figura complessa e versatile, capace di fondere in modo armonioso le competenze dell'ingegnere con la sensibilità dell'architetto. Ha mantenuto un equilibrio tra il rigore tecnico e la profonda ricerca della bellezza, affrontando ogni progetto con una visione culturale che superava la semplice funzionalità tecnica. Andreolli ha collaborato con grandi nomi dell'architettura, come Mario Botta e David Chipperfield, esperienze che lo hanno arricchito dal punto di vista professionale e che gli hanno permesso di esplorare nuovi orizzonti culturali e stilistici. Chi conosce i suoi progetti sa che un altro elemento distintivo er costituito dalla "pulizia" delle forme - un'essenzialità che non significava banalità, ma padronanza dell'essenza delle cose. L'arricchimento veniva dalla qualità del dettaglio, dalla cura delle finiture, dalla presenza di elementi dal sapore artigianale. Un tratto distintivo del suo approccio era rappresentato da una cura meticolosa del dettaglio e da una ricerca quasi ossessiva della bellezza, riflessa nelle sue opere con una forte attenzione all'equilibrio e alla coerenza interna.
Riferimenti culturali e ispirazioni
Andreolli trovava ispirazione in progettisti come Frank Lloyd Wright, Louis Kahn, Tadao Ando e Le Corbusier, architetti che esploravano il rapporto tra l'architettura e la natura, cercavano di connettere le costruzioni e l'ambiente circostante. Ha viaggiato molto per studiare le opere di questi maestri, approfondendone la conoscenza e affinando così la sua visione progettuale. I suoi viaggi, soprattutto in Europa e negli Stati Uniti, lo hanno portato a toccare con mano l'architettura e, attraverso l'osservazione, a trarre elementi fondamentali per la sua pratica professionale.
Due opere significative
• Chiesa di S. Giorgio con Auditorium ed Istituto Studi religiosi (1998) – Rovereto: La Chiesa di San Giorgio a Rovereto è stata concepita come un luogo centrale per la comunità: è infatti circondata da spazi pubblici e di aggregazione, per giovani e anziani. Il progetto ha dovuto confrontarsi con le preesistenze storiche, come una piccola chiesetta e un ambiente periferico con capannoni industriali. La luce era un elemento centrale nel progetto e simboleggiava il legame tra terra e cielo. Andreolli ha lavorato per dare monumentalità all'edificio senza ricorrere a stili storici, ma creando un'opera che appartenesse al proprio tempo.
• Polo Culturale e Museale (con M. Botta) (2001) – Rovereto: In collaborazione con l'architetto Mario Botta, Giulio Andreolli è è stato il "padre" del Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Rovereto (Mart). Il suo contributo è consistito in una grande attenzione ai dettagli costruttivi e nel coinvolgimento della comunità locale. Non solo progettista e promotore del progetto – ha coinvolto lui stesso l'architetto Mario Botta – è stato anche l'artefice della necessaria mediazione tra esigenze politiche e architettoniche, contribuendo a rendere il Mart una delle opere più significative del territorio.
In breve
Giulio Andreolli ha interpretato il ruolo di paesaggista con un approccio profondo e olistico, in cui il paesaggio veniva inteso non solo come un elemento naturale da preservare, ma come un'espressione culturale fondamentale. Ha lavorato per migliorare la qualità della vita attraverso interventi che integravano armoniosamente paesaggio, architettura e ingegneria. Andreolli era convinto che il paesaggio non fosse solo uno sfondo per gli interventi antropici, ma un elemento "attivo", da considerare in ogni fase del progetto. Il suo lavoro come paesaggista ha cercato di sensibilizzare le comunità rispetto all'importanza della tutela e valorizzazione del territorio, promuovendo un dialogo costante tra progettisti, istituzioni e comunità. Il suo impegno non si è limitato alla progettazione di opere infrastrutturali, ma si è esteso alla formazione e alla sensibilizzazione verso una cultura del paesaggio, attraverso l'attività nella Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio (STEP) e nell'Osservatorio del Paesaggio. Andreolli ha sempre creduto nel valore educativo del paesaggio e nella necessità di coinvolgere le comunità locali nelle trasformazioni del territorio, garantendo una consapevolezza diffusa del valore del proprio ambiente
Riferimenti culturali e ispirazioni
Questa visione del paesaggio è stata influenzata da Aurelio Galfetti, così come i progettisti portoghesi, che hanno mostrato particolare attenzione al dialogo tra infrastrutture e ambiente. Questi architetti hanno dimostrato come anche opere importanti possano integrarsi nel paesaggio senza danneggiarlo, cercando un punto di equilibrio tra trasformazione e conservazione. La sfida di Andreolli era progettare minimizzando l'impatto delle nuove infrastrutture e rispettando l'armonia originaria del paesaggio; l'ingegnere roveretano credeva che il paesaggio fosse un valore collettivo e che la sua trasformazione dovesse avvenire attraverso un processo partecipato e condiviso, mettendo al centro la relazione armoniosa tra natura e intervento umano.
Due opere significative
• Progetto Architettonico e Paesaggistico Variante di Ponte Arche della S.S. 237 del Caffaro (2013): Il progetto del ponte sul fiume Sarca a Comano Terme rappresenta un esempio significativo dell'approccio di Andreolli al paesaggio. La struttura del ponte è caratterizzata da una grande valenza estetica e simbolica e il cemento armato è utilizzato in modo espressivo per creare un'opera quasi scultorea. Il ponte è stato concepito per integrarsi armoniosamente nel paesaggio circostante, rispettando la natura del luogo e valorizzando la bellezza del contesto fluviale.
• Ampliamento del Cimitero di Noriglio con nuova cappella (1987) + Piano Urbanistico di Recupero ed Arredo Area Centrale di Noriglio (1992) – Rovereto: Insieme al progetto della Variante di Ponte Arche, il cimitero di Noriglio rappresenta un esempio emblematico dell'approccio di Giulio Andreolli al paesaggio. Non si tratta di un luogo di semplice sepoltura, ma bensì di un'opera di integrazione paesaggistica che mira a rispettare e valorizzare il contesto naturale e culturale. Andreolli ha ampliato il cimitero esistente, creando una connessione armoniosa tra il luogo della memoria e il paesaggio circostante. Ha utilizzato materiali locali e soluzioni architettoniche che dialogano con l'ambiente, inserendo il cimitero in modo tale da rispettare il terreno e le sue caratteristiche. Il progetto ha comportato anche l'elaborazione di un piano urbanistico per la sistemazione dell'area centrale, trasformando il cimitero in un punto di riferimento per la comunità e un luogo di contemplazione che esprimeva una profonda connessione con il territorio.
In breve
Giulio Andreolli è stato una figura pubblica impegnata nella diffusione della cultura del paesaggio e dell'architettura come elementi fondamentali per la qualità della vita delle comunità. Il suo impegno si è concentrato sulla formazione e sensibilizzazione delle nuove generazioni e delle istituzioni, promuovendo una visione integrata e partecipativa del territorio, basata su un forte senso di responsabilità civile e sul valore civico del "fare paesaggio". Attraverso il coinvolgimento in istituzioni come la Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio (STEP) e l'Osservatorio del Paesaggio, Andreolli ha lavorato per diffondere una maggiore consapevolezza dell'importanza di preservare e valorizzare il paesaggio come valore culturale. Ha promosso per colleghi e studenti viaggi formativi al fine di studiare opere infrastrutturali di eccellenza, in particolare in Svizzera, mostrare buone pratiche progettuali e promuovere un approccio critico alla progettazione del territorio. Credeva nell'importanza di elevare la qualità delle richieste della committenza, contribuendo alla crescita culturale e tecnica della comunità locale e migliorandone l'impatto sul territorio.
Riferimenti culturali e ispirazioni
Andreolli era profondamente ispirato da Aurelio Galfetti, architetto che considerava il paesaggio come un elemento fondamentale della progettazione. La sua visione era influenzata dall'idea che l'architettura e il paesaggio dovessero dialogare continuamente, creando un'interazione armoniosa tra natura e intervento antropico. Questa visione non riguardava solo la pratica progettuale, ma anche la dimensione sociale e culturale dell'architettura, che per Andreolli doveva essere accessibile e comprensibile a tutti. Andreolli credeva infatti che il paesaggio fosse un valore collettivo e che la sua trasformazione dovesse avvenire attraverso un processo partecipato e condiviso.
Tre contributi significativi
• Scuola per il Governo del Territorio e del Paesaggio (STEP): Giulio Andreolli è stato profondamente coinvolto nella STEP, un'istituzione dedicata alla formazione e alla sensibilizzazione rispetto al valore del paesaggio. STEP ha infatti l'obiettivo di educare professionisti e comunità locali sull'importanza di un approccio sostenibile e integrato al paesaggio. Andreolli ha svolto un ruolo chiave come membro del comitato scientifico; è stata docente e promotore di iniziative formative, organizzando incontri e viaggi di studio per mostrare come l'integrazione tra funzionalità e bellezza potesse migliorare la qualità del territorio.
• Osservatorio del Paesaggio: Giulio Andreolli ha dato un contributo fondamentale all'Osservatorio del Paesaggio, attraverso il quale ha promosso la cultura della qualità delle trasformazioni territoriali. Ha contribuito alla costituzione dell'Osservatorio e ha ricoperto un ruolo centrale nella gestione dei comitati dedicati al paesaggio, lavorando per garantire che il lavoro sul territorio fosse accompagnato da una riflessione critica e partecipata. L'Osservatorio è diventato un luogo di dialogo tra esperti, politici e comunità, grazie alla capacità di Andreolli di tessere relazioni e costruire strategie condivise.
• Premio Giulio Andreolli - Fare Paesaggio: Il premio riconosce le pratiche che contribuiscono alla trasformazione qualitativa del paesaggio. Dedicato a Giulio Andreolli, uno dei suoi principali promotori, il premio si basa sul concetto che il paesaggio è un "fare", vale a dire un processo di trasformazione attiva. Il riconoscimento non è legato a incentivi, ma premia quelle iniziative che si distinguono per il loro aspetto valoriale. Il premio considera tre categorie di intervento: progetti urbanistici e pianificatori, opere architettoniche e ingegneristiche, e iniziative educative e culturali. Questa struttura riflette la visione di Andreolli del paesaggio come elemento dinamico e multidisciplinare.
Giulio Andreolli – Curriculum
Nella sua carriera professionale Giulio Andreolli vanta la realizzazione di numerosi studi, progetti e realizzazioni in provincia di Trento. Per il progetto Ecoltura sono state selezionate e approfondite alcune opere significative nelle relative schede che si trovano più sotto. Si riporta di seguito il curriculum completo del professionista per una rappresentazione completa dei lavori realizzati.
Le schede di approfondimento dei progetti – che troverete di seguito – sono state realizzate grazie al prezioso contributo delle persone coinvolte nella fase di ricerca. In particolare, si desidera ringraziare:
• La famiglia Andreolli per la messa a disposizione dei materiali dell'archivio privato Giulio Andreolli.
• L'arch. Camilla Gazzini per il racconto della sua esperienza di collaborazione con l'ing. Giulio Andreolli durata oltre 15 anni e la condivisione di dettagli progettuali e tecnici sui lavori studiati.
• Tutte e tutti gli intervistati menzionati in questa pagina, per la disponibilità e la collaborazione.
Premio Fare Paesaggio – Giulio Andreolli
Crediti testi e immagini
Relativamente alla sezione di approfondimento che segue si mette in evidenza che:
• I materiali grafici e fotografici provengono dall'archivio privato Giulio Andreolli. Tali materiali comprendono elaborati e fotografie di progetto. I crediti delle immagini si trovano in corrispondenza delle immagini stesse.
• I testi descrittivi sono frutto della rielaborazione delle informazioni raccolte durante le interviste dei i racconti degli intervistati; le citazioni prese da interviste e/o testi di proprietà dello studio Giulio Andreolli sono rese evidenti a corredo del testo citato.
Luogo: San Giorgio, Rovereto (TN)
Crediti immagini: Diapositive realizzate da Pino Musi
Il progetto
L’intervento è composto dall’insieme da questi elementi:
• Chiesa di San Giorgio
• Teatro San Giorgio e auditorium
• Nuova piazza sopraelevata rispetto al contesto
• Blocco aule e blocco servizi - Scuola paritaria di Secondo grado "G. Veronesi"
Il progetto
Il progetto per la Chiesa di San Giorgio, l’Auditorium e l’Istituto di Studi Religiosi si distingue per la purezza delle forme, il raffinato uso dei materiali e un sapiente gioco di luci. Situato nel quartiere di San Giorgio, nella periferia di Rovereto, il complesso si inserisce in un contesto eterogeneo, caratterizzato da una forte relazione con le preesistenze architettoniche e paesaggistiche. A est si trovano edifici industriali in calcestruzzo prefabbricato, mentre a nord il complesso confina con i terreni di una cava, un tempo presente anche nell’area di progetto. Il tessuto urbano a sud del lotto è caratterizzato principalmente da edifici residenziali condominiali di 3-4 piani, mentre sul confine sorge la storica Chiesetta della Madonna Pellegrina, da sempre un punto di riferimento per la comunità locale. Questa chiesetta, posta sulla cima dell'unico rilievo presente nell'area è un luogo di memoria e tradizione: è infatti uno scenario di celebrazioni (luogo tipico per le fotografie dei matrimoni) ma anche antico luogo di esecuzione di condanne. Più a sud si trova l’unico spazio pubblico del quartiere, un giardino poco valorizzato, ma potenzialmente integrabile nel progetto. Il lotto, di forma rettangolare e con orientamento nord-est/sud-ovest, ha il suo accesso principale a sud-est, tramite un collegamento stretto su via Antonio Balista. La concezione del progetto mirava a creare un centro polifunzionale che, attraverso la compresenza di diverse attività, diventasse un nuovo punto di riferimento per il quartiere, integrando e valorizzando la memoria storica del luogo. Il cuore del complesso è una piazza rialzata e lastricata, accessibile attraverso una scalinata che si affaccia sulla strada. Questo spazio pubblico è incorniciato da tre volumi che indirizzano lo sguardo verso la chiesa della Madonna Pellegrina a sud e il paesaggio della Vallagarina a ovest. I due blocchi principali ospitano funzioni diverse: quello a est oggi accoglie la sede secondaria della Scuola paritaria di secondo grado "G. Veronesi", mentre quello a ovest è destinato alla nuova Chiesa di San Giorgio con annesso teatro e auditorium. Un volume di collegamento, sviluppato tra nord ed est, ospita locali di servizio e collegati al funzionamento del complesso. L’architettura è caratterizzata da linee essenziali, semplicità di materiali e grande attenzione ai dettagli: dalle raffinate trame ottenute con l'impiego del mattone, anche con funzione decorativa, all’alternanza delle pietre di pavimentazione, fino alla cura meticolosa nel disegno di porte e parapetti. Un elemento fondamentale del progetto è la modulazione della luce. La luce naturale entra dall’alto, guidando lo sguardo dal cielo verso la terra, con una progressione da est a ovest, fino a culminare in corrispondenza dell’altare, orientato verso il sole al tramonto, evocando il ciclo della vita e la spiritualità del luogo.
Per approfondire vedi l'intervista «Camilla Gazzini. Un laboratorio di idee e progetti»
Su San Giorgio
«Abbiamo puntato molto sulla luce, intesa come contatto tra il basso e l’alto, tra un punto e una superficie.» – Camilla Gazzini
«Un’altra opera che merita di essere ricordata è la chiesa di San Giorgio di Sacco, una chiesa di stile moderno che sprigiona una bellezza unica per l’uso attento dei materiali nella navata. C’è un gioco di mattoni che dà l’impressione, con gli effetti di luce naturale che entra dai finestroni, di sacralità e monumentalità, con volumi calibrati in maniera perfetta.» – Giuseppe Graziola
«I muri perimetrali di Noriglio rivelano aspetti diversi nelle varie ore del giorno, proprio come accade nella chiesa di San Giorgio. La luce che entra nell’edificio in momenti diversi della giornata crea spazi che cambiano continuamente. Questo utilizzo del mattone richiama le costruzioni romane e i resti archeologici del Mediterraneo, una radice importante che Giulio amava mantenere e reinterpretare, sempre rispettando l’essenza originaria del materiale. La sua attenzione per la storia, anche quella più antica, e l’influenza delle costruzioni e delle logiche sviluppate nei secoli dimostrano il suo approccio umanistico.» – Rita Matano Andreolli
«Aveva chiara la differenza fra il costruito edilizio e l’evento architettonico, e questo lo si vede in due opere: la chiesa nel quartiere San Giorgio a Rovereto e il cimitero di Noriglio, che è una delle cose più profonde dal punto di vista della trasmissione del senso dell’eternità che io abbia mai visto.» — Raffaele Mauro
Luogo: Noriglio (TN)
Crediti immagini: Diapositive realizzate da Pino Musi. Elaborazioni grafiche di Giulio Andreolli Studio
Il progetto
L’intervento è composto dall’insieme da questi elementi:
• Nuova cappella cimiteriale
• Nuova area di sepoltura a sud
• Sistemazione murature di contenimento, con rampa e scale di raccordo
• Nuove pavimentazioni dell'area di chiesa e cimitero
L'ampliamento del Cimitero di Noriglio si distingue per la purezza delle forme, l'uso sapiente dei materiali e il particolare trattamento della luce. L'elemento centrale della composizione è costituito dalla cappella cimiteriale concepita come un parallelepipedo a copertura piana che collega due aree di sepoltura su livelli differenti. La zona nord si sviluppa alla quota della Chiesa di San Martino, accessibile da Via Achille Romani, mentre la zona sud si colloca a un livello inferiore. Il nuovo volume si distacca dal perimetro sud, incorporando armoniosamente la cappella originaria a due falde. La struttura si sviluppa come un parallelepipedo orientato est-ovest su due livelli. Il livello superiore ospita uno spazio chiuso con loculi in pietra, mentre quello inferiore si apre verso l'esterno; i due livelli sono collegati da un corpo scale nella parte nord-est. La composizione materica si articola attraverso l'uso del mattone per gli elementi volumetrici e la tessitura del paramento murario, acciaio e vetro per la perimetrazione dei vuoti e delle aperture, porfido e pietra chiara per le pavimentazioni. Il trattamento della luce rappresenta un elemento distintivo del progetto: un vuoto attraversa il volume da est a ovest su entrambi i livelli, mentre le aperture sui fronti nord e sud sono ridotte al minimo. Le grandi finestre interne, che si aprono sulla valle, creano un inedito dialogo tra spazio interno ed esterno, trasformando il tradizionale concetto di spazio cimiteriale in un luogo di contemplazione e connessione con la natura. L'opera trascende la mera funzionalità di un ampliamento cimiteriale per diventare uno spazio di profonda spiritualità, dove l'architettura media il rapporto tra mondo terreno e dimensione contemplativa attraverso un sapiente uso di forme, materiali e luce.
Per approfondire vedi l'intervista «Rita Matano Andreolli. Un ritratto di Giulio»
Su Noriglio
«Noriglio è un po’ la firma dello studio Andreolli: la purezza delle forme, il gioco dei materiali, l’uso della luce.» – Camilla Gazzini
«La cosa sorprendente quando ho visto il progetto è stata la rappresentazione grafica: non c’era una dimensione metrica, ma era tutta riferita al mattone. L’esecuzione dell’opera doveva essere un mattone standard più un centimetro di fuga da ogni lato.» – Francesco Misdaris
«Il progetto di Noriglio è stato particolarmente significativo per il forte coinvolgimento della comunità locale. Noriglio è un piccolo borgo con un forte senso di appartenenza e una profonda connessione con la propria storia e identità comunitaria. [...] Oggi questa trasformazione è entrata a far parte dell’identità del luogo, tanto che i cittadini quasi non ricordano com’era prima. Mi fa piacere vedere come le persone utilizzano quotidianamente questi spazi, camminando lungo i muri, superando i dislivelli, portando a passeggio i cani o lasciando giocare i bambini. È esattamente ciò che Giulio avrebbe voluto: un luogo vivo, vissuto dai vivi. La creazione di spazi di spiritualità era uno dei grandi obiettivi di Giulio, come dimostrano i progetti di Noriglio e San Giorgio. Il suo interesse non era rivolto alla costruzione di spazi fortemente connotati da singole religioni, ma alla creazione di luoghi dove le persone potessero star bene e coltivare la propria spiritualità, indipendentemente dal loro credo.» – Rita Matano Andreolli
«Aveva chiara la differenza fra il costruito edilizio e l’evento architettonico, e questo lo si vede in due opere: la chiesa nel quartiere San Giorgio a Rovereto e il cimitero di Noriglio, che è una delle cose più profonde dal punto di vista della trasmissione del senso dell’eternità che io abbia mai visto. Nel cimitero di Noriglio, nella sua contenuta dimensione volumetrica, si respira questa sorta di compenetrazione tra il mondo terreno e il mondo divino - una sensazione che avviene quando l’architettura è veramente tale e si confronta con i temi del sacro.» – Raffaele Mauro
Luogo: Ponte Arche (TN)
Crediti immagini: Modello di progetto, fotografie di Giulio Andreolli Studio
Il progetto:
L'opera riguarda la variante di Ponte Arche sulla SS 237 del Caffaro, coinvolgendo due nuovi ponti: il "Ponte Aghi di Ghiaccio" situato sulla forra del fiume Sarca, vicino al Ponte dei Servi, e il "Viadotto di Comano Terme", nei pressi dell'abitato di Comano, in direzione di Tione. Entrambi i ponti sono progettati per inserirsi in un contesto naturale alpino di particolare pregio, con forte attenzione all'ambiente circostante e al paesaggio montano. Il progetto mira a:
L'area interessata è caratterizzata da un paesaggio naturale distintivo, con formazioni rocciose, un fiume e boschi che definiscono linee nette e strutturate nel territorio. L'obiettivo è rispettare queste caratteristiche, limitando l'impatto visivo e mantenendo l'equilibrio tra elementi naturali e artificiali. Un'attenzione particolare è data alla biodiversità e alla riduzione delle alterazioni del territorio. L'intervento architettonico cerca di dialogare con il paesaggio piuttosto che imporsi su di esso. L'infrastruttura, pur di grandi dimensioni, è concepita come un'estensione armoniosa del territorio. Le forme scelte sono ispirate agli elementi naturali circostanti, come i cristalli di ghiaccio e le scogliere rocciose, cercando un equilibrio tra funzionalità, estetica e sostenibilità. L'opera si configura come un elemento architettonico simbolico, ma ben integrato con la natura ed è composta da:
I materiali del progetto sono l'acciaio corten verniciato (dal bianco al grigio chiaro) per le strutture principali, con vetro stratificato per i parapetti acustici e calcestruzzo a vista per le opere di contenimento e gli imbocchi in galleria. L'iluminazione prevista è a LED a basso consumo con temperature calde (2000°K) per valorizzare le forme architettoniche e garantire un effetto notturno suggestivo e sobrio. I parapetti in vetro stratificato fungono da barriere acustico e sono specifiche soluzioni per ridurre la pressione acustica e facilitare la manutenzione.
Sulla Variante di Ponte Arche della S.S. 237 del Caffaro
«Mi ha colpito la capacità di progettare una struttura viaria perfettamente inserita nel contesto senza ricorrere alle forme tradizionali, che sostanzialmente sono due: i ponti ad impalcato sostenuto su arco sottile, di cui ci sono alcuni esempi in Trentino, o i ponti a cavalletto. La cosa veramente interessante di quel ponte è una sorta di simbiosi, di richiamo alla memoria di un evento che in quei contesti doveva essere frequente prima del cambio climatico: la formazione di elementi di ghiaccio acuminati e penetranti.» – Raffaele Mauro
«Nella progettazione di opere stradali emergeva un tratto legato a un uso particolare del cemento armato, che veniva trattato come un materiale estremamente raffinato che consentiva un’espressione quasi scultorea. Mi riferisco in particolare al progetto del ponte sul fiume Sarca a Comano Terme, dove Giulio ha ideato un oggetto molto coraggioso, molto dinamico, con un carattere quasi plastico. La sua attenzione al paesaggio stradale e all’uso del cemento armato in termini molto espressivi veniva dalla sua esperienza e frequentazione dell’ambiente svizzero.» – Giorgio Tecilla
«Il suo approccio innovativo metteva insieme la pratica, il pragmatismo del progetto sul campo e, allo stesso tempo, la cultura e la formazione. Questo è stato per me il tratto distintivo che ho sempre riconosciuto nell’attività di Giulio: dai piccoli progetti a quelli più grandid, come il ponte che bypassava alcuni abitati nelle Valli Giudicarie, soprattutto Comano, che era fantastico nella sua progettualità, o la nuova strada del Rolle che doveva sostituire una galleria che sarebbe stata molto impattante. Ho trovato in lui veramente una figura non solo di progettista ma anche di intellettuale che sapeva contestualizzare le cose, approfondirle, aveva una visione del futuro.» – Mauro Gilmozzi
Luogo: Via Dante, Rovereto (TN)
Crediti immagini:Elaborazioni grafiche di Giulio Andreolli Studio
Il progetto
L’intervento è composto dall’insieme da questi elementi:
• Nuova pavimentazione in porfido e pietra d'Istria
• Arredo urbano in pietra e legno
• Progetto del verde
• Rifunzionalizzazione: limitazione al traffico e valorizzazione dei percorsi di viabilità lenta
Il progetto
Il progetto si localizza nel centro di Rovereto e si concnetra sulla riqualificazione dell’asse urbano di Via Fontana, Largo Santa Caterina e Via Dante. Quest'area rappresenta un punto nevralgico per l'interazione tra il centro storico e le nuove aree di sviluppo, come Piazza Follone, destinata a diventare un polo di centralità urbana. Il progetto ha l'obiettivo di restituire valore urbano e architettonico all’asse, migliorandone l’accessibilità e la qualità estetica, di recuperare l’idea originaria di un elegante boulevard alberato, ispirato al progetto Mayreder del 1902, di creare uno spazio più fruibile per pedoni e ciclisti, riducendo l’impatto del traffico veicolare e di valorizzare l'identità storica e il legame con le aree limitrofe. L’area presenta una stratificazione storica complessa con elementi architettonici settecenteschi, ottocenteschi e novecenteschi. L'iconografia storica evidenzia la presenza originaria di un doppio filare alberato e una luminosità data dal contrasto tra la pavimentazione chiara e le facciate degli edifici. L'intervento punta a bilanciare le esigenze funzionali e la forma urbana, mantenendo leggibilità storica e rispettando l'ambiente circostante. Si ricerca una riqualificazione che valorizzi lo spazio pubblico come luogo di aggregazione, non solo come asse di transito.
Il piano urbanistico di recupero e arredo di via Dante, largo Santa Caterina e via Fontana a Rovereto è uno degli ultimi lavori realizzati da Andreolli. Il progetto (rimasto parzialmente incompiuto) aveva l’obiettivo di riqualificare la strada rendendola uno spazio dedicato alla comunità e alla socialità. Via Dante è un percorso di 400m che collega due importanti arterie della viabilità cittadina: Corso Antonio Rosmini a nord e Via Cavour – poi Via Setaioli – a sud. La strada è perfettamente orientata in direzione nord-sud e delimita ad ovest il centro storico della città. Il collegamento a Corso Rosmini avviene tramite un breve tratto a zig-zag tra via Fontana e largo Santa Caterina. Su via Dante si affacciano edifici di epoque diverse: le palazzine liberty, gli edifici di epoca austro-ungarica ed il "completamento dei vuoti" avvenuto nella seconda metà del '900. Le azioni di progetto prevedevano la pedonalizzazione dell’area, la ripavimentazione e la riprogettazione dell’arredo urbano; ad oggi l’area è a traffico limitato e ad un solo senso di marcia (da nord a sud), è stata delimitata una pista ciclabile a doppio senso di marcia, sono stati realizzati gli interventi di ripavimentazione, il progetto del verde e parte degli arredi urbani inizialmente previsti. La pavimentazione stradale è stata realizzata in porfido: cubetti con decorazione a «zig-zag» in lastre; il disegno è ispirato alle losanghe della facciata di Casa ex Tranquillini, situata all’angolo di via Dante con via Canestrini. I percorsi pedonali, pavimentati in pietra d’Istria bianca richiamano le pavimentazioni dei canali di Venezia, simboleggiando il periodo della Rovereto veneziana. La visione del progetto era quella di restituire questo spazio alla città limitando al massimo il traffico veicolare. Completano il progetto gli arredi urbani in pietra e legno, oltre che l'accurata progettazione del verde.
Sul Piano Urbanistico di Recupero ed Arredo di Via Dante
«Qui ha dato il meglio, studiando la pavimentazione e l’arredo di via Dante, riportando le alberature originali laterali, con un disegno interessantissimo che andrebbe apprezzato maggiormente: una sorta di zigzag che si nota dall’alto, quasi una ricucitura tra la parte est e ovest della via. [...] Per questo viale si è ispirato alle losanghe sulla facciata di Villa Tranquillini, all’intersezione tra via Dante e via Canestrini. Ha nobilitato l’uso del porfido, selezionando personalmente la cromia nelle cave della Val di Cembra. Ai lati della via ha voluto mettere la pietra d’Istria bianca per richiamare le pavimentazioni che contornano i canali di Venezia, ricordando il periodo della Rovereto veneziana» – Giuseppe Graziola
«Eppure, nelle domeniche e nelle sere d’estate, Via Dante si trasforma in una vera piazza, popolata di persone che frequentano le panchine, i dehors e i caffè - esattamente come era stato previsto nel progetto.» – Rita Matano Andreolli
Committente: Comune di Rovereto
Costo dell'opera: 995.000 euro
Progettisti: Giulio Andreolli, Fabio Gloder
Assistenti: Fabio Gloder, Ivan Gugole
Collaboratori: Beril Alpagut
Illuminazione: Zumtobel Lighting
Il prestigioso palazzo del conte Francesco Alberti Poja e della baronessa Eleonora Piomarta fu costruito a partire dal 1778, sull'allora Corso Nuovo Grande (ora Angelo Bettini, n. 41), ampia strada settecentesca che collega l'antico borgo medievale verso Trento. L'architetto Ambrogio Rosmini seguì i lavori di costruzione, tanto che già nel 1779 si diede avvio all'abbellimento interno con decorazioni a stucco e dipinte. Grazie al recente restauro sono state portate alla luce altre decorazioni eseguite tra la fine del Settecento e inizio dell'Ottocento. Le opere del progetto di completamento del restauro hanno dato ultimazione al Restauro di Palazzo Alberti: il completamento in oggetto è predisposto in continuità ai
lavori contemplati nei precedenti appalti che hanno riportato all'antico splendore anche l'adiacente Palazzo del Grano.
Il progetto di completamento del restauro di Palazzo Alberti costituisce, pertanto l'ultimo tassello esecutivo di lavori per il definitivo compimento del nuovo Polo Culturale e Museale di Rovereto in Corso Bettini (Arch. Mario Botta con Ing. Giulio Andreolli). Il programma prevede la Galleria Civica, con spazi di rappresentanza, al piano terra e primo, il piano secondo e terzo invece è riservato ad uffici. Gli interventi hanno riguardato oltre agli interni, il loggiato con funzione museale espositiva, l'inserimento di un corpo scale esterno vetrato per il collegamento del piano terra e primo, l'inserimento di elemeni di design (totem) per le apparecchiature tecnologiche oltrechè il progetto espositivo
per la mostra inaugurale.
Luogo: Corso Bettini, Rovereto (TN)
Crediti immagini: Fotografie di Giulio Andreolli Studio
Il progetto
L’intervento è composto dall’insieme da questi elementi:
• MART – Museo di Arte Moderna di Trento e Rovereto
• Auditorium Fausto Melotti
• Giardino delle Sculture
• Biblioteca e Archivio del '900
• MART Bistrot
• Parcheggio multipiano
• Biblioteca Nuova (mai realizzata)
Il Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto (Mart), progettato da Mario Botta e Giulio Andreolli, rappresenta una fusione armoniosa tra tradizione e innovazione. La struttura si integra perfettamente con i due edifici settecenteschi preesistenti, Palazzo Alberti e Palazzo dell’Annona, rispettando il valore della facciata storica lungo Corso Bettini. Il fulcro del progetto è la grande piazza circolare, coperta da una cupola vetrata ispirata al Pantheon. Il museo si sviluppa su quattro livelli, di cui uno interrato, offrendo una disposizione funzionale degli spazi. Al piano interrato si trovano la biblioteca e l’archivio del '900, mentre il piano terra ospita la caffetteria, il ristorante, la libreria e la sala conferenze. I primi due piani sono dedicati agli spazi espositivi, con una superficie totale di 5600 metri quadrati, caratterizzata da un alto grado di flessibilità per adattarsi alle diverse esigenze espositive. Dal punto di vista dei materiali, il rivestimento in pietra gialla di Vicenza, applicato con la tecnica della "parete ventilata" su una sottostruttura in acciaio zincato, conferisce al museo un’estetica raffinata e una funzionalità avanzata. Questa soluzione migliora la manutenzione e ottimizza l’efficienza termica. La copertura della piazza, realizzata con 19 capriate in acciaio e vetro, presenta uno spicchio mancante che crea un effetto visivo distintivo. L’illuminazione naturale gioca un ruolo centrale nel progetto, grazie a 183 lucernari inclinati che diffondono la luce zenitale nelle sale espositive. Questo sistema avanzato, regolabile elettronicamente, garantisce condizioni ottimali di esposizione e un microclima ideale per la conservazione delle opere. Gli interni, caratterizzati da una disposizione spaziale minimalista, guidano l’attenzione del visitatore verso le opere d’arte. Gli impianti tecnologici del Mart riflettono un approccio all’avanguardia. Il sistema di teleriscaldamento, gestito in modo computerizzato, consente un controllo termo-igrometrico personalizzato per le diverse aree del museo. Inoltre, l’intera gestione tecnica e manutentiva è organizzata attraverso una formula di global service, che ottimizza efficienza e sostenibilità. Il Mart si configura come un esempio eccellente di equilibrio tra memoria storica e innovazione, con un design che valorizza la luce, i materiali naturali e una gestione avanzata degli spazi e degli impianti. Questo progetto si pone come modello di eccellenza per l’architettura contemporanea dedicata alla cultura.
Per approfondire vedi l'intervento «Giulio Andreolli. Così è nato il MART»
Un nuovo sguardo su Corso Bettini
Mario Botta e Giulio Andreolli hanno donato alla città una proposta di progetto di grande trasformazione per Corso Bettini, pensata per restituire alla città uno spazio di bellezza e socialità. L’obiettivo è quello di valorizzare Corso Bettini e la sua cornice di palazzi settecenteschi come Palazzo Alberti, Palazzo del Grano, Palazzo Fedrigotti, Palazzo Piomarta e il Teatro Zandonai rendendoli il cuore pulsante della vita urbana. Il progetto prevedeva la pedonalizzazione completa del Corso, liberandolo dal traffico automobilistico e trasformandolo in un luogo dedicato alle persone. In questa visione, Corso Bettini si doveva trasformare nel foyer naturale del Mart, un’estensione all’aperto del museo; non più solo una strada di passaggio, ma un vero spazio di connessione tra la città, il suo patrimonio culturale e i suoi abitanti. Questa nuova destinazione d’uso non solo avrebbe valorizzato l’identità storica e artistica dell’area, ma avrebbe reso il Mart ancora più accessibile, promuovendo la cultura come elemento centrale della vita urbana.
Sul Polo Culturale e Museale di Rovereto
«Riguardo al disegno, ricordo che quando lavoravamo al Mart, Giulio arrivava talvolta da Mendrisio o Lugano con i tovaglioli dell’aereo di Botta, mostrando una incredibile capacità di controllo del disegno. Era diventata un’abitudine: al ristorante, durante le cene con amici, quando si parlava di architettura ed emergeva un’idea, tirava fuori la sua matita azzurra - il portamine che teneva sempre in tasca - spostava i piatti e iniziava a disegnare sulle tovaglie di cotone bianco.» – Rita Matano Andreolli
«Giulio Andreolli mi ha aiutato a distanza, perché io lavoravo a Lugano mentre lui lavorava al MART di Rovereto. È stata una figura duplice: da un lato di aiuto politico per definire l’organigramma dei lavori, dall’altro come architetto locale una volta definito il progetto e il programma di realizzazione. Quindi una figura mista, locale e di cantiere, in quasi una ventina d’anni di lavoro insieme. Per me era una figura preziosa di rapporto con la realtà costruita, che da solo non avrei potuto realizzare né immaginare.» – Mario Botta
Il progetto di San Giorgio, raccontato con la voce dell'arch. Camilla Gazzini.
La Grotta di Prospero
La nascita del Mart a Rovereto
Franco de Battaglia
Il testo è tratto da: F. de Battaglia, La Grotta di Prospero. La nascita del Mart a Rovereto, in R. Cerone (a cura di), Rovereto e il Nuovo Polo Culturale, Rovereto, Nicolodi editore, 2003. Il testo di F. de Battaglia ripercorre molto bene la storia del Mart e della sua ideazione e se ne consiglia la lettura.
Al MART – Museo di Arte Moderna e Contemporanea di Trento e Rovereto è presente una grande collezione di fotografie del cantiere del Museo e dei numerosi incontri tra Giulio Andreolli e Mario Botta. Al "mezzanino" si possono trovare fotografie e una maquette in legno del progetto. Si riporta qui una galleria selezionata di immagini a disposizione del MART – Archivio fotografico e mediateca.
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In fotografia. La dott.ssa Rita Matano Andreolli nello Studio di Via Tartarotti. Preparazione dell'intervista
Alla scoperta di Giulio
Ho conosciuto Giulio Andreolli attraverso le parole di coloro che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di collaborare con lui. Non posso non notare le forti emozioni che il ricordo di Giulio provoca in ciascuna delle persone che ho intervistato. Prima della stima per il professionista e per il contributo che ha donato al territorio, prevale il grande affetto per una persona che si è spesa, con dedizione e costanza, a promuovere la sua visione di impegno civile. Nei racconti degli intervistati ritorna spesso il linguaggio della "mitezza": "onestà", "rispetto" e "dignità" sono parole che costruiscono il ritratto di una persona – e di un professionista – che è stata capace di diventare un punto di riferimento professionale e culturale nel panorama trentino e che ha saputo coinvolgere al meglio i propri interlocutori nella realizzazione di opere fuori dal comune: dai progetti realizzati ai lavori di formazione ed educazione. Forte è in lui il senso civico e la responsabilità intrinseca della professione di architetto e ingegnere: il territorio è un bene comune e come tale va preservato con le massime attenzioni. Poter riascoltare oggi questo messaggio così forte ci racconta molto del lavoro che Andreolli ha donato al suo territorio e dev'essere uno stimolo a mantenere vivo l'impegno comune, per continuare a costruire un paesaggio sempre più "bello" e "civile".
Federico Casagrande
Novembre 2024
• Fotografie realizzate da Federico Casagrande per Ecoltura (novembre 2024).
• Ortofoto digitale a colori a scala nominale 1:5.000 messa a disposizione da AGEA titolare dei dati. (Ortofoto 20 cm © 2020 AGEA - Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura
Note a margine
Qualora fossero stati omessi dei crediti di immagini e/o materiali pubblicati siamo a disposizione per inserire le informazioni mancanti. Si prega di segnalare eventuali errori o incorrettezze a federico.casagrande@unitn.it.
I progetti
• Censimento Architetture – Museo di Arte Contemporanea di Trento e Rovereto (Mart)
• Atlante Architetture Trentine – Cimitero e riorganizzazione ambiti prossimi alla chiesa di San Martino, Noriglio
• Atlante Architetture Trentine – Chiesa di San Giorgio, Rovereto
Gli eventi
• Fondazione Negrelli – Evento di Commemorazione Giulio Andreolli
Biografie
• La biografia di Giulio Andreolli in «Premio triennale Giulio Andreolli – Fare Paesaggio»